Io Penso Che… gli italiani a Berlino protagonisti
Un fotografo ha un’idea. L’idea conquista altri. Altri come lui. L’idea diventa un progetto. Un progetto con tanto di sito web. Il progetto supera i confini nazionali e arriva fino qui, a Berlino. Così nasce più o meno l’incontro con Emilio Porcaro, fotografo napoletano ed il suo “Io penso che”. Ci si incontra al Lustgarten – noi di BCM ed i fotografi Emilio e Marco Rinaldi, presso la fontana davanti l’Altes Museum e dopo le dovute presentazioni ci si racconta, ci si conosce. Mi piace l’idea di Emilio. Per un comunicatore come me è davvero interessante conoscere qualcuno che sia in grado di tirare fuori i pensieri da persone che non ha mai visto prima per metterli nero su bianco in una foto. Semplice, ma efficace. E così, dopo la foto scattata sotto le colonnate vicino la Alte Nationalgalerie ce ne andiamo a piedi fino ad Alex, con la promessa di risentirci verso ottobre/novembre.
E ora che il progetto viene pubblicato sulle pagine web di “Io penso che”, sulla relativa pagina facebook e sul profilo Instagram, ho deciso di ricontattare Emilio e farmi raccontare – a beneficio di tutti i lettori di Berlino Caput Mundi – qualcosa in più sul progetto.
“Io penso che” nasce come tuo progetto personale, per poi diventare una sorta di collettivo di artisti. Cosa ti ha spinto a fondare questa iniziativa e quali erano le tue aspettative in quel momento?
Vuoi una risposta sincera, sincera ? Questo foto-progetto è nato un pò come nasce a volte qualcosa che ti prende a pieno, da una forte delusione. Vivevo a Firenze dal 2014 ed avevo una relazione forte con una ragazza, con cui all’inizio avevo anche avuto l’idea di portare avanti quello che ormai è un progetto che proseguo da quasi due anni. Allora mi sono detto “possibile che le persone non siano capaci di essere sincere nelle loro emozioni?”, ed è cosi che è nata questa idea: una sofferenza mi ha portato una grande gioia. Non avevo nessuna aspettativa, volevo solo ascoltare le storie di chi non conoscevo, vedere come le loro espressioni cambiassero a seconda di ciò che mi raccontavano… oggi posso dire che continuo a farlo per lo stesso motivo.
Grazie a questo interessante progetto sei entrato in contatto con centinaia di persone. Cosa ti lasciano dentro questi incontri con “perfetti sconosciuti”?
Una meravigliosa crescita personale! Sai quando senti come gli altri si relazionano alla vita è anche un modo per poterti permettere di “correggere” determinati errori che puoi fare tu, in situazioni similiari o no. Diciamo che la cosa più bella sono stati i rapporti di fiducia che si sono venuti a creare, quel senso di rispetto profondo che si è creato in maniera quasi empatica, tra me, l’interessato ed il suo foglio.
In un mondo in cui tutti sembrano aver voglia di dire la loro, quanto è difficile (se lo è) tirare fuori la vera essenza di una persona e racchiuderla su un foglio A4?
E’ difficile… ma non impossibile, basta essere se stessi. Oggi è diventato a volte complesso, perchè la società ci ha creato addosso un vestito fatto di apparenze. Ma mi sono sempre sentito un Don Chisciotte e combattere i mulini a vento non credo che sia sempre impossibile, anzi ! A volte può far comprendere anche ad altri che per andare avanti nei rapporti, bisogna avere una comunicazione onesta e costante.
Sei stato a Berlino lo scorso agosto, ma non era la prima volta che venivi qui. Cosa ti piace di Berlino, ma soprattutto, perché hai scelto proprio Berlino come tappa del tuo progetto?
Sono stato a Berlino ben otto anni fa, l’ho scelta perché volevo calarmi in una realtà dove avevo amici che me ne parlavano sempre con una assoluta pace e tranquillità, volevo comprendere cosa ci fosse di differente da Londra, dove ero stato l’anno prima, e comprendere perchè la vita scorresse in maniera lenta e placida, come il fiume che l’attraversa. Berlino è una città dai meravigliosi imput è una costante “miniera” di informazioni e storie nuove.
Come hai scelto le location per le foto? C’è stata una scelta dietro, un filo conduttore che ti ha portato a scegliere una Gendarmenmarkt invece di una Alexanderplatz?
Volevo che le fotografie fossero sia rappresentazione della città, ma anche di coloro che la vivono, in alcuni casi ho scelto io le location, in altri ho lasciato la libertà a chi ha voluto partecipare, questo anche grazie all’aiuto del mio collega Marco Rinaldi, che fa parte del progetto come fotografo su Palermo, insieme ad altre otto persone, distribuite su tutta Italia.
Hai avuto il piacere di conoscere alcuni italiani che vivono qui in città. Che idea ti sei fatto sugli italiani a Berlino durante questi incontri?
Di aver trovato qualcosa che non erano in grado di trovare nelle loro città natali, di aver bisogno di rompere degli schemi presistenti, ma allo stesso tempo di avere un pò di rabbia nel non poter vivere del tutto quello che vivono a chilometri di distanza dalla propria casa.
Il progetto “Io penso che” ha toccato anche altre città all’estero. Su tutte penso a Londra, Madrid e Monaco. Che differenze hai trovato tra gli italiani berlinesi e quelli che sono emigrati in altre città?
Gli italiani berlinesi mi sono sembrati tutti molto rilassati e calati nel contesto, credo che Berlino sia una città molto più “meridionale” di quello che può sembrare, forse per questo al momento è una delle mete ambite dove vivere, nonostante la difficoltà di una lingua per me ostica, nonostante l’abbia un po’ studiata.
E con i giovani rimasti nel Belpaese?
Di aver concretizzato a pieno qualcosa che gli è stato negato in Italia
Quali sono le prossime tappe di “Io penso che” e cosa dobbiamo aspettarci dal progetto?
Siamo in continua evoluzione, a volte le decisioni vengono prese al momento, ma spero di poter essere nella prossima estate in un’altra grande capitale, anche non europea, e sentire tante nuove storie. La crescita è qualcosa che non si ferma mai, bisogna solo avere pazienza.
Per maggiori info sul progetto “Io penso che”, potete visitare il sito ufficiale!
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